Capolavoro tra le biblioteche umanistiche, unica in Italia per integrità e conservazione della struttura e dell’arredo, la Malatestiana incanta, ieri come oggi, i visitatori e gli studiosi che continuano a visitarla.
Ideata su volere di Novello Malatesta e realizzata dall’architetto Matteo Nuti, fu completata nel 1454. Vi si accede da uno splendido portale quattrocentesco, su cui campeggia il simbolo dell’elefante malatestiano recante su un elegante cartiglio un motto latino, che, tradotto, ironicamente proclama: ‘l’elefante indiano non teme le zanzare. L’Aula ha forma di basilica, a tre navate. La navata centrale è coperta da una volta a botte, illuminata da un grande rosone, in un gioco di luci e di colori soffusi; nelle navate laterali scandite da agili colonne con capitelli ornati da simboli malatestiani, si susseguono i plutei, cioè i banchi di lettura, 29 per parte, anch’essi originali del 1400, così come le catenelle che legano gli antichi codici. Su di essi si diffonde la luce che viene da finestrelle di tipo veneziano, progettate proprio per la luminosità necessaria allo studio ed alla lettura. Nel vestibolo una bacheca conserva la mazza argentea donata da Pio VI alla città nel 1790. Di fronte all’aula Nuti un grande salone (originariamente dormitorio dei frati) ospita la Biblioteca Pïana, già di Pio VII (Papa Chiaramonti) che conserva 5057 volumi ed una sessantina di codici, i più preziosi dei quali sono esposti nelle bacheche della sala. Notevoli sono due serie di corali del Duomo e dell’Osservanza. Complessivamente la Biblioteca Malatestiana custodisce 340 manoscritti di inestimabile valore in latino, greco ed ebraico (molti dei quali preziosamente minati). Tra gli amanuensi che operarono presso la Biblioteca cesenate si ricordano Jacopo da Pergola, Francesco da Figline, Giovanni da Epinal. Interessante da annotare, a conferma degli ideali umanistici di Novello Malatesta, che questa fu sin dal suo nascere una Biblioteca aperta al pubblico affidata non solo ai frati, quali custodi, ma al Comune per garantire la pubblica utilizzazione e la conservazione. Tale era la consapevolezza del prezioso patrimonio di studi, codici e miniature qui raccolti che un bolla papale del 1466 scomunicava chiunque avesse sottratto volumi.
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