Qualsiasi società civile pone le sue basi sulla giustizia. Senza leggi e organi che le facciano rispettare avremmo la “legge della giungla”
Qualsiasi società civile pone le sue basi sulla giustizia. Senza leggi e organi che le facciano rispettare avremmo la “legge della giungla”. Questo un passaggio dell’intervento del magistrato Michele Leoni, Presidente della Corte di Assise di Bologna, al Rotary CESENA presieduto da Ester Castagnoli, per la presentazione del suo libro “Quale Giustizia. Esperienze e riflessioni di un giudice.” edito da Giappichelli.
Giudicare il proprio simile può essere cosa assai ardua ha ricordato Leoni – spesso infatti ci si scontra con drammi umani e con i loro molteplici riflessi morali, che poco hanno a che fare con la durezza e l’inesorabilità della norma scritta e con l’inefficienza di un sistema che non è all’altezza. In che modo un giudice può interiorizzare queste storie, in che modo lo arricchiscono, lo turbano, lo inducono a riflettere, oppure gli stimolano rimozione e distacco? Anche un giudice può trovarsi a fare i conti con le proprie fragilità e la propria interiorità.
Nel suo libro Michele Leoni affronta questi temi partendo da casi reali della sua lunga carriera in Magistratura. Oggi – ha proseguito il magistrato – assistiamo purtroppo ad una sempre maggiore spettacolarizzazione della giustizia e questo è un male. Vogliamo forse rinunciare alle conquiste nel campo del diritto e ritornare alle pene corporali e alla tortura come avvenne nella Francia di due secoli fa così raccontato nel romanzo di Victor Hugo “I miserabili”? L’obbiettivo primario della giustizia – ha detto Leoni – è quello di fare scontare ai condannati la giusta pena senza però togliere loro la dignità dell’essere umano.
Una giustizia efficiente non consiste solo nel numero di sentenze andate in giudicato ma soprattutto nel saper dare risposta alle richieste di giustizia delle vittime mantenendo lucidità e umanità per non cadere nella morsa della vendetta. L’incontro si è tenuto la scorsa settimana presso il ristorante’Quel Castello di Diegaro’.
di Maurizio Cappellini