Europa al bivio: Impatto e Implicazioni della crisi greca

La crisi greca è da tempo sulle pagine di tutti I giornali, e il dibattito sia pubblico che politico ha generato spesso una notevole confusione. perche la risposta a questa crisi avrà probabilmente un impatto determinante sullo sviluppo economico
È invece importante comprendere bene cosa sta succedendo non perché la Grecia sia di per sè importante, ma perché la crisi Greca ha portato alla luce una profonda crisi istituzionale in Europa, e di tutto il continente.
Innanzitutto, è da un certo punto di vista sorprendente il fatto che la crisi greca abbia suscitato tanto scalpore. Dopo tutto, come ha fatto notare il presidente della BCE Trichet quando all’inizio cercava ancora di minimizzare la gravità della situazione, la Grecia rappresenta appena il 2% della zona euro, in termini di PIL.
E se la si guarda con occhio spassionato, la Grecia non è che l’ennesimo caso di un paese vittima di una politica economica dissennata: un deficit pubblico che l’anno scorso ha raggiunto il 13% del PIL, conti pubblici sistematicamente truccati, un settore pubblico sovradimensionato con salari eccessivi, un sistema pensionistico insostenibile, un eccessivo indebitamento con l’estero. È uno scenario che negli anni abbiamo visto più volte ripetersi in tanti paesi emergenti, e che ha regolarmente portato a una crisi del debito, un intervento del Fondo Monetario Internazionale, e poi un graduale recupero.
Perché dunque il caso della Grecia ha suscitato tanto scalpore?

Marco Annunziata e Norberto Annunziata

Innanzitutto perché è una causa di estremo di imbarazzo per i politici europei, perché ha messo a nudo la miopia e superbia che ha caratterizzato la loro reazione iniziale alla crisi finanziaria. Quando è scoppiata la crisi finanziaria nel 2007, che si è poi intensificata nel 2008, i politici Europei all’inizio hanno reagito affermando che la crisi era un problema esclusivamente americano, e che l’Europa ne sarebbe uscita indenne. Oggi, conti alla mano, vediamo che l’anno scorso l’Europa ha sofferto una recessione molto più profonda dell’America, il 4% rispetto al 2 1/5 %, e che quest’anno ci si aspetta una ripresa americana tre volte più robusta di quella Europea. E come se non bastasse, ci troviamo con un paese membro dell’Eurozona sull’orlo del default, quindi in procinto di diventare una nuova Argentina.
Questo, come dicevo, è motivo di grave imbarazzo per l’Europa. Ma quello che è ancora più importante è che la crisi greca ha dimostrato che il progetto di integrazione economica e monetaria Europea è un progetto ancora incompiuto, e che rischia seriamente di sfaldarsi se non verrà rapidamente rafforzato.
Mi spiego: a metà degli anni 90, i paesi europei hanno deciso di creare una moneta comune, abolendo quindi i tassi di cambio tra un paese e l’altro. L’idea era di favorire una ulteriore integrazione economica: chi dall’Italia esporta o importa merci in altri paesi della zona dell’euro non deve più preoccuparsi che movimenti del tasso di cambio rendano gli acquisti più costosi o le vendite meno redditizie; e per i turisti è più facile recarsi all’estero senza dover cambiare moneta, e potendo immediatamente confrontare i prezzi con quelli del proprio paese.
L’idea, però era anche che i vari paesi seguissero un sentiero di cosiddetta convergenza, vale a dire, che : Primo, tutti seguissero una politica di spesa pubblica prudente, cercando di mantenere i conti pubblici il più possibile vicino all’equilibrio, e di contenere il debito pubblico entro il 60% del PIL – il cosiddetto patto di stabilità. Secondo, che tutti i paesi cercassero di rafforzare il potenziale di crescita delle proprie economie con le necessarie riforme strutturali.
Purtroppo, nulla di tutto questo si è verificato. Sul fronte dei conti pubblici, tutti hanno prima o poi violato apertamente le regole—persino la Germania e la Francia nel 2003. Alcuni paesi, come la Grecia,hanno seguito una politica particolarmente dissennata, ed ora la grave recessione dell’anno passato ha portato i nodi al pettine. Sul fronte della crescita, il risultato è stato ancora peggiore: anziché convergenza, abbiamo avuto una drammatica divergenza in termini di competitività. Da un lato la Germania negli ultimi 10 anni ha avuto un aumento di competitività vicino al 20%, grazie sià ad un aumento della produttività sia, in misura ancora più importante, al contenimento dei salari. All’altro estremo, paesi come Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda hanno sofferto una perdita di competitività tra il 20 e il 30%. Quindi il divario tra questi paesi e la Germania si è allargato del 50% negli ultimi 10 anni. Nel caso della Grecia questo è dovuto ad una dinamica salariale eccessiva. Nel caso dell’Italia, invece, si è verificata a causa di un drammatico declino della produttività, nonostante i salari siano rimasti relativamente bassi rispetto ai nostri partner europei
Così ci troviamo ora con una moneta unica che lega tra loro paesi con enormi differenze in termini di conti pubblici, produttività, e tassi di crescita economica. C’è chi dice, come la BCE, che queste differenze non hanno nessuna importanza, che sono come le differenze tra i diversi stati degli Stati Uniti. Questo è un ragionamento assurdo. Negli Stati Uniti c’è un governo federale che si fa carico della maggior parte dei servizi e che può in certa misura trasferire risorse da uno stato all’altro. In Europa questo non c’è. Negli Stati Uniti c’è una fortissima mobilità: i lavoratori si spostano rapidamente da uno stato all’altro a seconda delle opportunità Questo in Europa non succede. Inoltre, ricordiamoci che se succedesse le conseguenze a livello dei singoli paesi potrebbero essere estremamente spiacevoli: alcuni stati americani hanno vissuto un processo di declino inarrestabile, come si sta ora profilando per il Michigan.
Le differenze sono estremamente importanti, e la Grecia ne sta ora pagando le conseguenze. Ma al tempo stesso, il fatto di essere legati a doppio filo dalla moneta unica implica che nessun paese è immune dal rischio di contagio. Questo è il motivo principale per cui gli altri paesi europei si stanno ora arrabattando per trovare una soluzione: Primo, titoli del tesoro greco sono in mano a banche e fondi pensione in Francia, Germania, ed altri paesi che sarebbero quindi enormemente danneggiati da un default. Secondo, c’è un forte rischio che la crisi greca porti il mercato a perdere fiducia nei titoli pubblici di altri paesi come Portogallo, Spagna, e forse anche Italia. Secondo me l’Italia è in una posizione molto più solida, in parte perché ha mantenuto una gestione più accorta dei conti pubblici durante la crisi, in parte perché gode di un forte risparmio del settore famiglie. Ma vale la pena ricordarsi che l’Italia paga sui titoli pubblici un rendimento non di tanto superiore a quello della Germania – la Grecia era quasi nella nostra stessa posizione, ma ora paga più del doppio della Germania. Dato il nostro elevato debito pubblico, un aumento rapido dei tassi di interesse potrebbe avere un impatto disastroso.
I paesi europei ora stanno litigando aspramente sul come risolvere il problema. Da un lato si rendono conto che lasciar fallire la Grecia potrebbe avere ripercussioni serie sul resto della zona Euro. Dall’altro lato, il governo tedesco fa molta fatica a spiegare ai propri elettori, che negli ultimi 10 anni hanno accettato salari relativamente bassi ed hanno risparmiato molto, perché debbano ora trasferire soldi a cittadini greci che hanno goduto di una dinamica salariale molto più generosa, e che possono tutt’oggi andare in pensione molto prima.
È quindi venuto alla luce un conflitto, una contraddizione quasi insanabile. Il fare parte dello stesso club impone un vincolo di solidarietà, in quanto si è in parte legati dallo stesso destino. Al tempo stesso, è difficile che ci sia solidarietà se i membri del club non sono disposti ad accettare le stesse regole.
Ma perché le regole vengano rispettate, bisogna che ci sia un’autorità in grado di farle rispettare. Ora, le regole sui conti pubblici vanno a toccare responsabilità che sono inestricabilmente legate alla sovranità dei singoli paesi è quindi praticamente impossibile farle rispettare se i paesi membri non accettano una maggiore limitazione alla propria sovranità – in altri termini se non andiamo verso un maggiore grado di integrazione politica.
Se questa maggiore integrazione non si verifica, però, il rischio di una disgregazione della zona euro non è trascurabile. La Grecia è il paese più pericolante, ma altri paesi come Portogallo e Spagna sono anch’essi a rischio. E la Germania difficilmente accetterà di salvare non uno ma più paesi. Il cancelliere tedesco Merkel ha già ventilato l’ipotesi di creare un meccanismo di espulsione per paesi “indisciplinati”. Sarebbe una mossa a mio avviso troppo pericolosa per essere praticabile, ma potremmo invece arrivare al punto in cui la Germania potrebbe decidere di uscire dall’area dell’euro, assieme ad un numero più ristretto di paesi “virtuosi”
Anche questo è uno scenario poco probabile. Più probabile, purtroppo, è che si profili per l’Italia uno scenario di tipo Giapponese, con crescita molto bassa per un lungo periodo di tempo.
Questa, però, potrebbe anche essere l’opportunità per darsi una scossa, per reagire. Dobbiamo ricordarci che mentre noi discutiamo dell’assetto istituzionale europeo, la competizione globale si fa sempre più serrata. I mercati emergenti sono usciti rafforzati, in termini relativi, dalla crisi, e stanno ora guidando la ripresa. E la concorrenza dei mercati emergenti si fa sentire in campi sempre più estesi – i mercati emergenti non si affidano più solo al basso costo del lavoro, ma stanno diventando competitivi in una gamma sempre più ampia di attività .
È quindi il momento di raddoppiare gli sforzi per rendere le nostre economie più competitive, rafforzando il sistema universitario, investendo nella ricerca, rendendo il mercato del lavoro più flessibile e riducendo la spesa pubblica e la tassazione per lasciare più spazio all’iniziativa privata.

    Marco Annunziata

Il dott.Marco Annunziata al Rotary

Marco Annunziata, dal suo osservatorio privilegiato di Chief economist dell’Unicredit con alle spalle un’esperienza eccezionale di studi internazionali, ha posto alcuni problemi fondamentali per il futuro europeo e della nostra posizione italiana.
L’attesa era viva e la partecipazione numerosa molto attenta.
Il padre, Presidente del Club, Norberto Annunziata, lo aveva presentato per il suo curriculum professionale di tutto rispetto, ma non c’era necessità.
Lucidità, vivacità e chiarezza intellettuale sono alla base del suo modo di muoversi nei labirinti dell’economia.
La crisi della Grecia è un pretesto nel quadro europeo? I conti pubblici debbono essere messi in ordine, ma perché tanto accanimento con una nazione che pesa solo per il 2% nel Pil dell’eurozona? La Banca Centrale Europea non interviene per una salvezza e lascia questo compito al Fondo Monetario internazionale.
Come mai? L’area dell’euro negli ultimi due anni non ha sopportato la crisi come gli Usa che si sono ripresi con maggior forza, con un divario che mette in questione paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo con il rischio di altri trascinamenti.
Ci si difende citando la California che ha un disavanzo del 13% rispetto al Pil americano.
Ma dov’è la differenza? Il governo federale americano ha prerogative primarie per la tassazione e i servizi pubblici che non verrebbero intaccati dalla crisi locale di altri settori, ciò che non avviene per l’eurozona.
Il Fondo Monetario internazionale ha una vasta esperienza di negoziazioni che però manca alla Banca europea.
La Germania ha mirato alle esportazioni comprimendo i salari, con una competitività che comporta una bilancia attiva, naturalmente a spese dei paesi europei importatori che invece hanno aumentato il loro deficit.
Nell’insieme si verifica una stagnazione economica dell’Europa rilevante che alla lunga peserà in modo cruciale rispetto a paesi che hanno maggiore produttività come quelli del BRIC, Brasile, India e Cina.
L’Eurozona per salvarsi dovrà ristrutturare il proprio assetto istituzionale, sul modello americano.
È questo il punto di riferimento di fondo che il dott. Marco Annunziata ha offerto alle numerose domande dei soci, una politica rigorosa contro la dissennatezza scialacquatrice e una visione organica nel far parte di una tradizione che ci distingue e che può avere una funzione di equilibrio nei contrasti attuali.
La trascrizione completa dell’intervento per gli studiosi si può trovare nel sito del Rotary Club di Cesena.

    Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro

Europa al bivio

“Europa al bivio: impatto e implicazioni della crisi greca”.
Questo il tema promosso dal Rotary Club Cesena, presieduto da Norberto Annunziata, che ha visto come relatore il figlio Marco Annunziata.
L'incontro si è svolto la scorsa settimana presso il Ristorante Hotel Casali ed ha riscosso grande interesse.
Marco Annunziata è capo economista del Gruppo Unicredit.
Prima è stato al Fondo Monetario Internazionale e alla Deutsche Bank.
Si è laureato a Bologna ed ha conseguito il PhD all'Università di Princeton dove ha avuto come docente, fra gli altri, l'attuale Governatore della Federal Reserve, Bernanke.
È membro del Consiglio Ombra della Banca Centrale Europea, del Consiglio Europeo degli Economisti, del Consiglio di Amministrazione dell'Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa, del Comitato Scientifico della rivista Economica Italiana e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Unicredit e Università.
Scrive per il Wall Street Journal e Aspenia, la rivista dell'Istituto Aspen, e le sue opinioni sono regolarmente citate sulla stampa finanziaria italiana e internazionale.
“La Grecia – ha detto Marco Annunziata – rappresenta solo il 2 per cento del Prodotto Interno Lordo dell'Euro Zona ma la sua crisi economico-finanziaria rappresenta un grave problema per l'Europa.
Questa infatti – ha proseguito l'economista – da un lato non può lasciare al suo destino un paese membro come la Grecia dove molte altre nazioni europee hanno investito capitali e dall'altro i Paesi virtuosi, in primis la Germania, non vogliono creare pericolosi precedenti di assistenzialismo.
Purtroppo oltre alla Grecia altre Nazioni della Zona Euro potrebbero seguire la stessa sorte a partire dal Portogallo, dalla Spagna e, anche se in situazione migliore rispetto alle precedenti, dall'Italia.
Per questo l'Europa in questo momento deve restare compatta ma per in futuro alcune regole potrebbero cambiare.
Saranno probabilmente introdotti dei parametri virtuosi a livello economico-finanziario che consentiranno, a differenza di come accade oggi, di espellere i Paesi membri che non li rispettano.
La crisi economica che sta attraversando l'Europa - ha terminato Marco Annunziata - ha aspetti molto diversi da quella vissuta negli Usa.
Qui l'impatto della crisi è stato drammatico soprattutto per il tessuto sociale che ha visto intere città ridotte a 'città fantasma'.
In Europa questo non accadrà perché il nostro modello economico sociale e molto diverso da quello americano.
Gli Usa comunque stanno uscendo dalla crisi e resteranno il motore economico del mondo assieme alla Cina mentre l'Europa, ad esclusione della Germania e della Francia, rischia di rimanere nelle 'retroguardie”.

    Maurizio Cappellini

La crisi economica greca

La crisi economica greca e le implicazioni presenti e future sull'Europa Unita.
L'incontro promosso dal Rotary Club Cesena, presieduto da Norberto Annunziata, ha visto come relatore il figlio Marco Annunziata e si è svolto la scorsa settimana presso il Ristorante Hotel Casali.
Marco Annunziata è capo economista del Gruppo Unicredit.
Prima è stato al Fondo Monetario Internazionale e alla Deutsche Bank.
Si è laureato a Bologna ed ha conseguito il PhD all'Università di Princeton dove ha avuto come docente, fra gli altri, l'attuale Governatore della Federal Reserve, Bernanke.
È membro del Consiglio Ombra della Banca Centrale Europea, del Consiglio Europeo degli Economisti, del Consiglio di Amministrazione dell'Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa, del Comitato Scientifico della rivista Economica Italiana e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Unicredit e Università.
Scrive per il Wall Street Journal e Aspenia, la rivista dell'Istituto Aspen, e le sue opinioni sono regolarmente citate sulla stampa finanziaria italiana e internazionale.
“La Grecia – ha detto Marco Annunziata – rappresenta solo il 2 per cento del Prodotto Interno Lordo dell'Euro Zona ma la sua crisi economico-finanziaria rappresenta un grave problema per l'Europa.
Questa infatti – ha proseguito l'economista – da un lato non può lasciare al suo destino un paese membro come la Grecia dove molte altre nazioni europee hanno investito capitali e dall'altro i Paesi virtuosi, in primis la Germania, non vogliono creare pericolosi precedenti di assistenzialismo.
Purtroppo oltre alla Grecia altre Nazioni della Zona Euro potrebbero seguire la stessa sorte a partire dal Portogallo, dalla Spagna e, anche se in situazione migliore rispetto alle precedenti, dall'Italia.
Per questo l'Europa in questo momento deve restare compatta ma per in futuro alcune regole potrebbero cambiare.
Saranno probabilmente introdotti dei parametri virtuosi a livello economico-finanziario che consentiranno, a differenza di come accade oggi, di espellere i Paesi membri che non li rispettano”.

    Maurizio Cappellini