Le icone bizantine
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Venerdì 13 novembre all'Hotel Casali Silvia Pasi dell'Università di Bologna, docente di storia dell'arte bizantina nella facoltà di Conservazione dei Beni culturali, ha trattato il tema dell'iconografia bizantina. Nel presentarla il Presidente Norberto Annunziata ha precisato che si è occupata dei rapporti artistici tra Bisanzio e l'Occidente.
In particolare, con Ravenna, ma i suoi studi vertono anche sulla pittura monumentale in Romagna e nel Ferrarese fra il IX e XIII secolo e la pittura cristiana d'Egitto.Una icona è una immagine, un ritratto, ma non solo.
Per noi moderni e post- l'arte è una rappresentazione delle vicende umane nel tempo. Ci sentiamo figli del tempo con tutti i travagli legati all'esistere, all'effimero.
Un'icona esce dal tempo: la figura non deve essere umana, ogni particolare, anche i capelli, sono eliminati. Resta l'essenziale nella fissità profonda dello sguardo. L'origine va ricercata nella ritrattistica funeraria romana del Fayoum. Il divino è fuori del tempo e l'immagine è una "scrittura" teologica, un Graphèin, in cui anche la mano del pittore deve sparire. Chi scrive è Dio.
Forse in questo senso eìkon non è solo rappresentare, ma "abitare", da oikéo.
La prof. ssa Pasi usa "empatia" per "salire oltre", entrare in un mondo superiore.
Molte sono le icone anche nel nostro territorio, tracce della presenza bizantina da Ravenna e ne vengono presentare slide con cura.
Per noi è difficile cogliere i ritmi geometrici e i colori di un simbolismo essenziale con i suoi criteri canonici.
Lo sfondo divino è sempre dorato, luminoso, per indicare che tutto viene da Dio.
Il Cristo Pantocrator, onnipotente, si inserisce nel cerchio con la croce e il culto Mariano della Vergine ci presenta le infinite forme della madre col Figlio in atteggiamenti di tenerezza o di indicazione con la mano verso il Figlio che quella è la Via,Verità e Vita da seguire.
È un mondo complesso ridotto ad archetipi fondamentali.
Mentre la nostra scienza dopo l'umanesimo moderno della rivoluzione copernicana si chiede se e come possiamo rappresentarci il mondo e l'arte ne insegue le orme, in queste icone bizantine e russe si cerca "ciò che è", il to òn, l'ontologia essenziale nello smarrimento di un labirinto di vita.La prof.ssa Pasi ci lascia aperto il problema di un incontro con un mondo culturale diverso e lontano che dobbiamo cercare di comprendere negli attuali scontri.
Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro
L'icona nella tradizione Post-Bizantina.
È stato questo il tema dell'ultima conviviale del Rotary Club Cesena, presieduto da Norberto Annunziata, e trattato da Silvia Pasi, professore di Storia dell'arte bizantina nella facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Bologna sede di Ravenna.
"L'icona religiosa – ha detto Silvia Pasi – è un'immagine sacra portatile che può essere lignea, metallica, eburnea, musiva, a cui si aggiungono quelle scolpite nel marmo o nella pietra o in altri materiali.
Essa rappresenta la sintesi della spiritualità bizantina.
Nell'icona furono la testa e il volto, caratterizzati da grandi occhi fissi sul riguardante a costituire l'elemento figurativo principale, poiché in essi si concentra l'espressione dell'anima, mentre le labbra si facevano sottili e prive di sensualità.
Il corpo – ha proseguito - venne così a perdere d'importanza, sacrificato nelle immagini a mezzo busto, celato, negato, privato di peso e volume sotto panneggi lineari.
Il ruolo primario, su cui Bisanzio fonda la costruzione delle proprie immagini, è giocato dal fondo oro, metafora assoluta della luce".
Ma a quale epoca risalgono le prime icone venerate a Costantinopoli? "La risposta è difficile – ha spiegato Silvia Pasi – in quanto non conosciamo alcun esemplare anteriore al VI secolo.
Ad ogni modo, se nel IV secolo la venerazione dei fedeli era rivolta specialmente alle reliquie e alla croce, già nel V quella delle icone si attesta ampiamente e nel VI si parla di atti di prosternazione, per giungere nel VII ad un forte aumento del loro culto.
Le icone si diffusero nell'intero mondo cristiano occidentale, anche se si ritiene che le più antiche provengano dall'Egitto.
La produzione d' icone, a parte il periodo dell'iconoclastica, non ha conosciuto soste nel mondo bizantino e nei paesi ad esso più strettamente legati quali Russia e Grecia".
L'icona, realizzata da abili artigiani anonimi che oltre a ottime capacità tecniche dovevano essere devoti fedeli, aveva il compito di creare un diretto contatto empatico con il fedele.
L'icona doveva portare il credente a distogliere il suo sguardo dall'immanente a favore del trascendente.
Anche nel nostro territorio si trovano diverse pregiate icone realizzate da artisti locali.
Le icone hanno rappresentato e rappresentano ancor oggi non solo un capitolo importante della storia dell'arte sacra mondiale ma soprattutto la grande devozione cristiana dei popoli che nelle diverse epoche hanno voluto esprimere la loro fede tramite queste magnifiche opere d'arte.
Maurizio Cappellini
L'icona Post-Bizantina
L'icona, realizzata da abili artigiani anonimi che oltre a ottime capacità tecniche dovevano essere devoti fedeli, aveva il compito di creare un diretto contatto empatico con il fedele.
L'icona doveva portare il credente a distogliere il suo sguardo dall'immanente a favore del trascendente.
Anche nel nostro territorio si trovano diverse pregiate icone realizzate da artisti locali.
L'icona nella tradizione Post-Bizantina.
È stato il tema dell'ultima conviviale del Rotary Club Cesena, presieduto da Norberto Annunziata, e trattato da Silvia Pasi, professore di Storia dell'arte bizantina nella facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Bologna sede di Ravenna.
"L'icona religiosa – ha detto Silvia Pasi – rappresenta la sintesi della spiritualità bizantina.
Nell'icona furono la testa e il volto, caratterizzati da grandi occhi fissi sul riguardante a costituire l'elemento figurativo principale, poiché in essi si concentra l'espressione dell'anima, mentre le labbra si facevano sottili e prive di sensualità.
Il corpo – ha spiegato - venne così a perdere d'importanza, sacrificato nelle immagini a mezzo busto, celato, negato, privato di peso e volume sotto panneggi lineari.
Il ruolo primario, su cui Bisanzio fonda la costruzione delle proprie immagini, è giocato dal fondo oro, metafora assoluta della luce".
La produzione d' icone, a parte il periodo dell'iconoclastica, non ha conosciuto soste nel mondo bizantino e nei paesi ad esso più strettamente legati quali Russia e Grecia".
Maurizio Cappellini