VISITA MOSTRA DEL CANOVA A FORLI'
Gli addetti ai lavori probabilmente lo sanno, il pubblico verosimilmente no. Non è noto che Forlì, e con Forlì le Romagne, furono luoghi fondamentali per Canova e, in generale, per il neoclassico in pittura e scultura.
Una grande (e l’aggettivo, una volta tanto, è del tutto appropriato) rassegna ne darà conto al San Domenico, a partire dal 25 gennaio 2009. Si tratta della mostra “Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura” promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, curata da Antonio Paolucci, Fernando Mazzocca e Sergéj Androsov e con l’allestimento di Wilmotte e Alessandro Lucchi.
“Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura” si configura come la più impegnativa e completa esposizione sino ad oggi dedicata al maestro veneto, dopo quella di Venezia del 1992. A Forlì si potranno ammirare 160 opere.
Attraverso una serie di capolavori esemplari, l’esposizione forlivese ripercorrerà l’intera carriera del “moderno Fidia”, ponendo per la prima volta a confronto le sue opere (marmi, gessi, bassorilievi, bozzetti, dipinti e disegni), oltre che con i modelli antichi cui si è ispirato, anche con i dipinti di artisti a lui contemporanei con i quali si è confrontato.
Da Canova al grande neoclassicismo internazionale, con un focus di partenza – Forlì - ben localizzato ma non locale. Una mostra che spazierà dalla scultura alla pittura, proponendo anche alcuni, altissimi confronti con Raffaello e Tiziano, e altri capolavori di quel “classico” che fu fonte di ispirazione per molti artisti tra l’ultimo Settecento e il primo Ottocento.
Per Forlì, Canova creò tre capolavori. Innanzitutto una versione di Ebe, una delle sue opere più popolari, realizzata tra il 1816 e il 1817 per la contessa Veronica Guarini. A precedere Ebe, nel 1814, fu la Danzatrice col dito al mento, destinata al banchiere Domenico Manzoni e andata dispersa dopo la morte del proprietario in un atroce fatto di sangue, il cui mistero rimane ancora insoluto. La vicenda verrà sublimata dallo stesso Canova nella bellissima Stele funeraria di Domenico Manzoni ancora conservata nella chiesa della Santissima Trinità.
Il confronto tra le due diverse versioni di Ebe, quella di Forlì e quella dove la figura è rappresentata su una nuvola, appartenuta all’Imperatrice Giuseppina moglie di Napoleone, evidenzia come il grande scultore seppe trasporre nel marmo l’audace motivo della figura in volo.
Per capire la nascita di questo capolavoro, la prima e la seconda Ebe saranno collocate, scenograficamente, in sequenza con due capolavori della scultura antica: L’Arianna con la pantera, allora agli Uffizi e oggi al Museo Archeologico di Firenze, e la straordinaria Danzatrice di Tivoli, opera ellenistica cui Canova si è ispirato. E ancora, in un accostamento mozzafiato, con il Mercurio volante di Giambologna, il capolavoro assoluto dello sculture cinquecentesco.
Alle pareti le diverse rappresentazioni dipinte di Ebe, un tema prediletto dai maggiori pittori neoclassici stranieri (Reynolds, Romney, West, Hamilton, Vigée Le Brun) e italiani (Lampi, Pellegrini, Landi), creeranno un fantastico gioco di rimandi tra la pittura e la scultura, in un esaltante gara fra la due arti in cui proprio la scultura, grazie al genio di Canova, risulta vittoriosa.
Canova associava la bellezza eterna di Ebe, simbolo di una giovinezza ancora incontaminata, a quelle di altre divinità come Amore e Psiche, capolavoro presente nella sezione successiva, accanto ad altri suoi capolavori opportunamente confrontati con le creazioni di pittori come Giani, Landi, Angelica Kauffmann, Hayez che si sono cimentati sugli stessi temi, negli stessi anni.
Ancora la raffigurazione dinamica della figura che si muove nello spazio sarà il motivo dominante della sezione dedicata alla Danzatrice, anch’ essa appartenuta all’Imperatrice Giuseppina e ora all’ Ermitage, confrontata con le magnifiche Danzatrici di Hayez e soprattutto con le figure danzanti presenti nelle grandi tempere, capolavori assoluti di Canova pittore, che finalmente restaurate rivelano per la prima volta non solo la loro commovente bellezza ma i segreti della loro tecnica davvero unica.
Dopo questa ampia sezione dedicata alla musica e alla danza, dove comparirà anche la celebre Tersicore, la statua in movimento di Orfeo, concessa dall’Ermitage, ci introduce alla straordinaria sezione dedicata allo “Scultore filosofo”. Ad essere qui indagato sarà il Canova che ha saputo confrontarsi con il tema metafisico della morte, come nelle stele funerarie in marmo, ispirate a quelle attiche, messe a confronto con analoghe rappresentazioni in pittura e con i drammatici bassorilievi sulle ultime ore di Socrate.
La grandezza di Canova, già in vita celebrato come il più grande scultore di tutti i tempi per avere riportato nel mondo la perfezione della scultura greca, sarà testimoniata da prestiti assolutamente eccezionali. Come i due colossali Pugilatori dei Musei Vaticani, ispirati ai due Dioscuri del Quirinale, su cui il giovane Canova si arrampicò tante volte per studiarli. O come la Venere Italica di Palazzo Pitti, la dea moderna tanto amata da Foscolo che la riteneva superiore a quella antica dei Medici. O ancora la Maddalena, capolavoro per il quale Canova trovò ispirazione in Tiziano.
Questo ultimo capolavoro sarà considerato dai romantici la sua opera più bella e per questo divenne motivo di ispirazione per Hayez la cui Maddalena, che sarà accostata a quella di Tiziano e Canova, rivela nella sua sconvolgente sensualità come, non uno scultore, ma il celebre pittore del Bacio possa considerarsi vero erede di Antonio Canova.
FORLI' - Si può definire un momento emblematico per la città di Forlì: giovedì 8 gennaio 2009 l'Ebe di Antonio Canova lascia definitivamente la Pinacoteca di corso Della Repubblica per essere trasferita nella nuova sede, presso i Musei San Domenico. Un delicatissimo trasporto, curato da Arterìa, come quello di molte delle altre statue che arricchiranno la mostra "Canova. L'ideale classico tra scultura e pittura", in programma dal 25 gennaio ai Musei San Domenico.
Un lavoro minuzioso, studiato nei minimi particolari, ma soprattutto "un evento storico - sottolinea il presidente della Fondazione Carisp Forlì, Piergiuseppe Dolcini - perchè questa città conserva il tesoro della bellezza, l'ideale classico della bellezza assoluta nell'Ebe. La mostra su Canova dovrebbe portare il San Domenico a raggiungere il punto più alto del nostro fare mostre".
La statua alta 166 cm, realizzata dallo scultore di Possagno, tra il 1816 ed il 1817, è stata ricavata in marmo statuario e rappresenta la coppiera degli dei, figlia di Zeus ed Era. Il basamento originale, in legno di rovere scolpito, è in restauro ed attenderà l'Ebe al San Domenico.
Lavorano 7 uomini per questo trasferimento dell'opera dal valore assicurativo di 6 milioni di euro. "La scultura viene sollevata leggermente per inserire alcune stecche che ne facilitino lo scivolamento all'interno della cassa interna - racconta Marie Andree Mondini, rappresentante di Arterìa - viene poi fissata nei punti meno sensibili e collocata all'interno di una seconda cassa, sempre in legno, dotata di speciali misure che proteggono da vibrazioni, urti e sbalzi di temperatura. L'Ebe sarà protetta anche da un sacco di polietene. Attraverso un ponteggio esce dalla sala e viene posizionata all'interno del camion che la porta al San Domenico. Qui verrà collocata al primo piano tramite una gru, attraverso la finestra".
"Si tratta di un evento eccezionale nel cuore della mostra - aggiunge il coordinatore generale, Gianfranco Brunelli - la più grande mai realizzata su Canova per numero di opere, saranno 196".
Un po' di malinconia per questo trasferimento c'è: "E' qui da 87 anni - spiega l'assessore comunale alla cultura, Gianfranco Marzocchi - ed oggi è la donna più corteggiata. Ma questo momento simboleggia un cambiamento epocale per la città di Forlì, che ha scoperto una nuova identità con i Musei san Domenico". "Per me che sono qui dal 1972 - aggiunge Luciana Prati, dirigente del Servizio Pinacoteca e Musei del Comune di Forlì - è come una figlia che se ne va", e racconta la storia dei viaggi di Ebe.
Ebe fu commissionata da Veronica Zauli Naldi vedova Guarini intorno al 1816. La statua, completata già nel 1817, venne tuttavia consegnata nel 1818 a Firenze, dal momento che nel frattempo Veronica aveva sposato in seconde nozze il conte Ferdinando Guicciardini, Maggiordomo Maggiore e Primo Gentiluomo di Corte di Maria Luisa di Borbone, Duchessa di Lucca, che lì aveva la sua residenza in palazzo già Bardi al Lungarno.
Qui la statua rimase fino al 1840, quando Pietro Guarini, figlio di Veronica, dopo la morte di lei (1837) ottenne la statua, il cui valore (quattromila scudi romani) venne detratto dalla quota di eredità di sua spettanza. Si rileva una discrepanza fra i documenti conservati presso l'archivio Guicciardini e la Cronaca del Calletti, che indica il 1841 come data di arrivo a Forlì. In Palazzo Guarini, in una nicchia nella Sala di Cerere, l'opera rimase fino al 1875, quando alla morte di Pietro Guarini, essa fu destinata per disposizione testamentaria al di lui figlio primogenito Giovanni.
L'Ebe fu trasportata nella residenza del nuovo proprietario, Palazzo Guarini Matteucci di corso Garibaldi, in una saletta ovale affacciata su via Caterina Sforza. Giovanni Guarini ne propose successivamente al Comune di Forlì l'acquisto, che venne deliberato nel Consiglio Comunale del 29 novembre 1887, al prezzo di £ 60.000. Per finanziarlo il Comune contrasse un mutuo con la Banca Popolare Forlivese.
Fra la fine di febbraio e gli inizi di marzo del 1888 l'opera fu esposta nella sede della Pinacoteca al piano nobile del Palazzo della Missione, attuale sede della Provincia, dove rimase fino al 1922, quando i Musei vennero trasferiti in Palazzo del Merenda.
Durante la guerra l'Ebe viene "sfollata" a Villa Sisa. Da lì non senza danni, cioè il sollevamento della testa, dovuto forse più all'umidità del luogo in cui fu rinchiusa che non alla violenza dell'esplosione (la Sisella fu minata), la statua tornò in Pinacoteca. Da allora si è allontanata solo nel 1992, per la mostra di Venezia dedicata a Canova, e nel 2000 per la mostra Lo spazio il tempo le opere presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Chiara Fabbri