La CHIK al Rotary

La dott. Chiara Biasoli del Rotary Club di Cesena ha affrontato il 29 febbraio all'Hotel Casali un tema a dir poco insidioso per la prossima estate: le punture della Chikungunya.
Era coadiuvata per le proiezioni da Internet dal figlio Marco, giovanissimo studente liceale.
Presiedeva Gian Luigi Trevisani.
La dott. Biasoli ci tiene a dire che si è dovuta occupare del problema nella sua veste di membro del Centro emofiliaco di Cesena, in particolare per il Centro di medicina transfusionale.
La chikungunya è un rischio da non sottovalutare.
Da noi viene chiamata zanzara tigre per il suo mordi e fuggi in ogni momento della giornata, ma il termine scientifico è Aedes albopictus, per le sue chiazze biancastre, comunemente in inglese Tiger mosquito.
Diffonde un virus che provoca conseguenze febbrili e articolari acute specie nei bambini e negli anziani.
Chichungunya in lingua makonde in Tanzania nella prima epidemia del 1952 voleva indicare lo stato di collasso alle articolazioni: "ciò che curva o contorce" un vero e proprio spaccaossa per il virus che viene appunto chiamato Chik dal nome della zanzara tigre.
Il virus è diffuso in Africa e nel Sud Est Asiatico, ma si sta diffondendo anche in Europa.
Il primo caso denunciato nell'agosto scorso è stato a Castiglione di Cervia e poi si è esteso da Ravenna a Rimini fino a colpire più di duecento pazienti.
Preoccupante è il fatto che la zanzara è della specie culex che trasmette anche la febbre gialla e la dengue.
Si presenta con febbre, cefalea e artralgie che bloccano i movimenti.
Dopo la scomparsa della febbre iniziale appaiono macchie e pruriti in tutto il corpo con ripetizione della febbre.
La malattia si risolve spontaneamente, ma i dolori articolari possono durare due o tre mesi.
La terapia si basa soprattutto sulla cura delle artralgie.
La lotta preventiva è contro le larve che si schiudono a primavera in ogni minimo contenitore d'acqua stagnante.
Per evitare le punture si consiglia di usare repellenti nelle parti scoperte e di non usare i colori scuri nelle vesti.
Il problema, accertato che si tratti di chicungunya, è di isolare la zona per almeno 2 o 300 metri per i pericoli di epidemia.
Per i centri di raccolta dei donatori di sangue bisogna accertare che non provenga da soggetti ammalati.
Questo problema centrale è stato alla radice delle difficoltà degli interventi nelle sale operatorie e della conservazione del sangue per i centri trasfusionali.
I rischi sono tanti se si pensa che l'epidemia dall'agosto ha imperversato fino al 20 novembre scorso quando fu verificato e denunciato il caso di un ottantatreenne deceduto a causa di questo virus e furono coinvolte la sanità centrale a Roma e in Regione.
Un grazie a Chiara Biasoli che ha posto in discussione un tema di cui stranamente non si parla a livello internazionale nelle sedi opportune, specie per i necessari interventi pubblici.

    Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro