IL MARKETING DEL VINO AL ROTARY
Andrea Rea è professore di marketing all’Università La Sapienza di Roma e responsabile dell’Osservatorio marketing del vino della SDA Bocconi di Milano.
Nella conviviale del Rotary Club di Cesena del 16 febbraio, all’Hotel Casali, sotto la Presidenza di Gian Luigi Trevisani ha spaziato sul modo di proporre nella fase della distribuzione quello che è uno dei prodotti più tradizionali della tavola.
Sul vino dai tempi più antichi si sono scritte biblioteche, anche di poesia, ma che cos’è oggi il “visual merchandising” ?
Il prof. Rea era accompagnato dalla signora Anna.
Era presente quale esperto enologo Libero Terzi con interventi concreti.
Il vino oggi è consumato anche dai giovani e dalle donne.
E’ la novità.
Sono le ragioni della crescita della sua diffusione ovunque.
Affascina le donne quasi quanto le scarpe.
Il vino è simbolo di eleganza e piacere della vita, di buon gusto, di moda.
E’ un’oasi di degustazione come parentesi nel vorticare della vita d’oggi.
Il vino di tendenza si rivolge soprattutto al consumatore e nella comunicazione non si sprecano gli aggettivi per una etichettatura che possa definirne le qualità.
Gli studi di marketing debbono servire a fare chiarezza in questo campo e nei mercati ci si impone con una netta differenziazione tra l’analisi dei bisogni per il marketing di massa o di largo consumo, mentre il produttore tradizionale mira alla qualità all’interno di nicchie come avviene nell’alta moda o nel design tipici della tradizione dell’ Italian style.
Si sta così allargando la forbice tra i vini di largo consumo e quelli di qualità.
Il Sassicaia, ad esempio, raggiunge i vertici dei prodotti di lusso o da collezione anche nei prezzi, ciò che non succede ai vini di base per la grande distribuzione.
In questo caso i prezzi del prodotto di massa tendono a ribassare in una competizione continua per tenere il mercato.
Il prodotto di lusso si abbina anche alla raffinatezza della tradizione gastronomica che ha valenze storiche ed estetiche.
La marca va di pari passo con l’estetica della presentazione della bottiglia.
Il mercato italiano è troppo frammentato per la disseminazione di caratteristici luoghi di produzione e trova difficoltà nella competizione con le grandi concentrazioni che invadono i supermercati.
Ci si difende con la tecnologia industriale che garantisce la qualità come non poteva avvenire un tempo.
Nella forbice tra l’alta qualità e il consumo di massa I segmenti intermedi ne soffrono.
Sappiamo produrre,ma non riusciamo a fare conoscere e valorizzare il nostro prodotto anche quando è alla pari o superiore.
Queste le conclusioni del dibattito seguito alla presentazione scientifica di una vasta problematica.
Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro
IL MARKETING DEL VINO
Intervista ad Andrea Rea
Pubblicato su "Il VINO Istruzioni per l'uso" - a cura di Roberto Racca - Ed. "Partesa per il Vino"
Anzitutto, si può parlare di un vero e proprio marketing del vino?
Il valore del vino per il consumatore è generalmente aumentato: è per questo che possiamo parlare di marketing del vino.
Tutte le fasi e gli operatori della filiera sono, infatti, progrediti nella professionalità e nell'efficienza: dalla fase agricola, a quella enologica, fino alla distribuzione ed alla ristorazione, che sono migliorate negli assortimenti, nel servizio al cliente e nel modo di proporre il prodotto, quello che oggi si definisce visual merchandising.
Tutto ciò ha permesso ai produttori di qualificare e differenziare l'offerta, e anche di imparare a comunicare – tanto con gli strumenti tradizionali della pubblicità, che con quelli della comunicazione "non convenzionale" (o below the line), talmente congeniale al vino da essere ancora più diffusa ed efficace.
Ciò nonostante, questi stessi produttori incontrano ancora grandi difficoltà per aumentare la conoscenza e il valore delle proprie marche.
Dal suo punto di osservazione, come vede lo sviluppo del mercato enologico?
Le nuove generazioni scelgono il vino come bevanda trendy, alla moda, e i cinquantenni, che avevano scelto la birra e i superalcolici appena divenuti maggiorenni, oggi prediligono il vino per l'aperitivo e il pasto.
La "mania" del vino ha invaso nuovi mercati prima radicati in abitudini alimentari diverse e affascina anche le donne, quasi quanto le scarpe.
Il vino è simbolo di eleganza e piacere della vita, di buon gusto, di moda.
Eppure il vino per secoli è stato un prodotto per pochissimi raffinati intenditori e in alcuni paesi un'abitudine alimentare, con funzione nutritiva.
La prepotente crescita di nuovi competitors internazionali, la proliferazione continua delle etichette in commercio, gli spazi sempre più ampi dedicati al vino dalla distribuzione e dai media, testimoniano un'evoluzione che proietta i mercati internazionali del vino in una dimensione completamente nuova.
Quali prevede possano essere gli elementi centrali su cui si baserà lo sviluppo dei consumi, alla luce di questa entusiasmante evoluzione?
Mi limito a segnalare gli effetti più evidenti: crescono i neofiti al consumo, ma anche l'esperienza di consumo; in tal senso si innalzano le aspettative dei consumatori, può aumentare la propensione all'acquisto, ma con questa cresce anche l'attenzione al prezzo per la maggior parte dei consumatori, che altrimenti non riuscirebbero a sostenere l'incremento della spesa nel tempo.
In sostanza, sempre più persone vogliono bere "bene", ma a prezzi accessibili.
In tal senso, il mercato tende a frammentarsi, in quanto i diversi profili di consumatori (per esempio neofiti, appassionati, addetti ai lavori) sono influenzati da molteplici esigenze che derivano dalla sovrapposizione di varie aspettative (ad esempio mostrare competenza, essere alla moda, scegliere un territorio, acquistare una novità) e occasioni di consumo (ad esempio festività, occasioni speciali, pasti quotidiani, aperitivo "fuori casa").
Nel processo di acquisto, inoltre, cresce la presenza e l'influenza dei media e degli esperti e, di riflesso, la richiesta di informazioni sul prodotto e sull'esperienza di consumo (ad esempio abbinamenti con il cibo).
Si tratta, quindi, di mercati complessi, caratterizzati da elevata varietà e variabilità dei consumi, condizionati sempre più dalle mode, dal desiderio di novità e dall'erosione delle barriere all'entrata, attraverso cui facilmente si introducono nuove etichette.
Un unico punto fermo: è il vino di qualità a fare tendenza nelle aspettative dei consumatori, anche se non è chiarito di quale "qualità" si tratti.
Cosa potrà succedere nell'altro campo, quello della produzione?
Partirei dando uno sguardo alla concorrenza.
La domanda sembra offrire opportunità per tutti e le aziende propongono tante "verità" spesso dissonanti, in relazione ai diversi posizionamenti e ai diversi segmenti di consumatori a cui si rivolgono.
Ecco allora che, nelle comunicazioni dei produttori, il vino: è prodotto dall'uva, è profumato, è poco alcolico, è tradizione, è passione, è professionalità, è cultura, è brand, è territorio, è trendy, è emozione, è esperienza, è life style.
Sui mercati del vino si produce tanto marketing, ma serve sempre più marketing per fare chiarezza.
Per approfondire il tema, ci può indicare quali saranno le principali tendenze nel marketing del vino e quali mutamenti potranno comportare nei consumatori?
Per semplicità, possiamo contrapporre due marketing antagonisti, quello legato alle varietà e ai territori, proposto dalle aziende dei paesi produttori tradizionali (Francia e Italia in testa), e quello dei vitigni "internazionali", praticato dai nuovi competitors dei paesi emergenti (Australia, USA, Cile, ecc.).
In generale, la tradizione europea professa, quindi, un marketing di nicchia, basato sul prodotto, sulla "cultura", sulle persone; contrapposto al marketing di massa dei paesi del Nuovo Mondo, che fanno principalmente leva sul prezzo e sulla distribuzione.
In entrambi gli approcci aumenta il peso della comunicazione, ma in proporzione più per i primi, che sfruttano meno il potere di persuasione della grande distribuzione.
Si potrebbe, con qualche ragione, pensare che il marketing rivolto al grande pubblico, il mass marketing, sia vincente sui segmenti dei neofiti e dei basisti, mentre il marketing di nicchia sia più competitivo sui segmenti "alti" del mercato.
In realtà è incauto trarre conclusioni di questo tipo in mercati tanto dinamici e influenzati da una "filiera lunga".
Si può, invece, affermare che le strategie di mass marketing nel vino risultano, per dimensione, più efficaci nel creare "cultura del bere" nei nuovi mercati e anche sui segmenti "cosmopoliti", esse manifestano però spesso la difficoltà di difendere i clienti
acquisiti, nel caso di ingresso risoluto di produttori di superiore qualità e identità.
Di fatto, i concorrenti del Nuovo Mondo hanno aperto molti nuovi mercati ai produttori europei di maggiore tradizione, educando al consumo del vino e spesso promuovendo l'immagine francese e italiana per acquisire credibilità.
Il mass marketing parte dall'analisi dei bisogni e confeziona prodotti idonei alla loro soddisfazione; di contro, il marketing dei produttori "tradizionali" parte dalla creazione del prodotto e cerca i mercati più idonei.
Ê l'approccio del largo consumo, in alternativa al marketing dell'alta moda o del design (che continuano a dare tanta soddisfazione all'Italia).
Non ci sono ricette giuste o sbagliate, solo strategie che creano valore per i consumatori e strategie che li lasciano indifferenti o insoddisfatti.
Non è importante da dove si parte, ma quanto feeling si riesce a creare con i consumatori "giusti".
Al momento, il mass marketing consente alti fatturati e soprattutto una presenza capillare sui mercati, ma presenta difficoltà di profitto; all'opposto del marketing di nicchia, più profittevole ma più debole nella capacità di espandere i volumi e la notorietà.
Come riuscirà a muoversi il consumatore di fronte a questa continua proposta di nuove etichette?
Occorre sicuramente valutare quali saranno gli effetti sul valore delle marche gestite.
Ogni anno, infatti, ci saranno nuovi vini e nuove etichette: ma solo le marche resteranno realmente nella memoria dei consumatori.
Per dare valore alla marca bisogna creare valore per il cliente.
Il passo fondamentale è allora cambiare la prospettiva, passando dalla cantina al consumatore.
Le cantine sono diventate molto più belle e accoglienti, come le enoteche, i wine bar, i reparti dedicati al vino nella grande distribuzione, ma il consumatore come si muove in questi spazi? Con piacere? Con difficoltà? Come si differenzia il processo d'acquisto dei vari segmenti di domanda? Quali diversità esistono nei gusti e nelle preferenze? Chi ne influenza l'acquisto: i media, le guide, i sommelier, gli amici? Quanto è accessibile il prodotto al potenziale cliente? La comunicazione è visibile, incisiva, comprensibile? Quali sono le aspettative del cliente? Quali i suoi parametri di valutazione e soddisfazione? In sintesi, quanto conosciamo i nostri consumatori di riferimento?
Alla luce di tutti questi interrogativi, quali sono i punti di differenziazione in cui le aziende concentrano la competizione dei prodotti e delle marche e, quindi, come devono posizionarsi?
In ciascuna area di mercato possono agire diversi elementi che guidano il mercato, i cosiddetti driver.
In tal senso, i mercati del vino presentano al momento, agli estremi, due aree di relativa stabilità: le aree dei prodotti di "lusso" o "da collezione" (gli icon, ad esempio il Sassicaia), dove il driver principale è la reputazione della marca, e dei vini "base" (i basic, ad esempio il Tavernello), in cui il driver è il prezzo.
Non si tratta comunque di due aree poco competitive né tanto meno immobili, in quanto le prime sono caratterizzate da una forte innovazione di prodotto e da sensibili investimenti produttivi e di comunicazione, che si accompagnano ad alte immobilizzazioni finanziarie; nei basic crescono invece gli investimenti nella comunicazione, nel packaging e nella distribuzione.
In seguito all'esplosione dei consumi di qualità e all'internazionalizzazione dei mercati, sono però le fasce intermedie, indicativamente di gamma medio-alta e alta (premium, super premium e ultra premium), quelle più affollate e dinamiche.
Proprio queste aree rappresentano il contesto dove la competizione è divenuta più intensa e innovativa e da cui sembrano muoversi i principali cambiamenti dei mercati.
In questo spazio la domanda cresce perché ci sono i prodotti del "lusso accessibile", quelli a più alta frequenza d'acquisto perché capaci di soddisfare l'educazione al gusto, l'immagine e il prezzo.
Un pericoloso errore, commesso di frequente, può essere però quello di definire le arene competitive esclusivamente sul prezzo.
I tradizionali 10 euro, che caratterizzavano la prima fascia di qualità, per esempio, tendono a diminuire e a collocarsi ancora più in basso sui mercati internazionali, per la prevalente presenza della grande distribuzione.
Se il prezzo si ridimensiona, al contrario crescono le aspettative sul gusto, sull'immagine, sulla reputazione, sull'innovazione, sulla comunicazione, sul packaging.
Ê difficile rinunciare all'offerta di prodotti premium, che possono garantire volumi e reputazione della marca, ma si opera in condizioni di offerta e di comunicazione estremamente ridondanti nei punti vendita, dove il prodotto è collocato in scaffali estremamente affollati.
In simili condizioni è complessa la conquista e, ancora di più, la fidelizzazione del cliente.
Questo è certamente un terreno fertile per il marketing del vino.
A fronte di questa situazione articolata, quali possono essere i punti salienti da considerare per realizzare buone strategie di marketing del vino?
La questione è come continuare a creare valore per il cliente nel tempo.
Per il sistema generale di offerta del vino ciò significa evitare di diventare un fenomeno di moda, che ridimensioni nel tempo la sua bolla di consumo e di interesse.
Per i paesi produttori di grande rilevanza ciò implica sostenerne la crescita all'interno del sistema economico generale; per la singola azienda vuol dire aumentare il valore della marca nel tempo.
Alla luce di queste considerazioni globali, è comunque possibile offrire spunti significativi per una strategia di marketing efficace nei mercati del vino.
1. La produzione vinicola è fortemente integrata con un ampio sistema di stakeholders, termine con cui è ormai comunemente individuato l'articolato mondo di coloro che sono in qualche modo interessati e legati a un tema.
L'elaborazione di una strategia di marketing deve necessariamente sviluppare, quindi, interrelazioni costruttive con i sistemi collegati e "collegabili".
Ê evidente, ad esempio, il vantaggio italiano e francese, determinato dalla fama internazionale delle rispettive cucine nazionali, che rappresentano uno straordinario veicolo di promozione e penetrazione in mercati e canali commerciali di tutto il mondo.
In relazione a questo c'è il sistema invasivo degli "influenzatori" (esperti, enologi, sommelier, fiere,stampa di settore), forse sopravvalutato, ma sempre autorevole nella percezione di molti segmenti di consumatori.
La dimensione unitaria e sistemica è evidente anche, più in generale, in relazione al "made in" ed al turismo culturale.
Nella misura in cui il vino assume valenze estetiche, legate al piacere della vita e al bello, si "abbina" bene alla fama della moda e del design, nel caso italiano, interpretando il life style della popolazione di origine o di una metropoli in cui quella marca vanta una presenza qualificata.
Il turismo è un altro vettore efficace di promozione e di immagine del vino, utilizzato diffusamente dai produttori italiani, francesi, californiani, in quanto agisce sull'identità e sulla conoscenza della marca, sull'emozione e sulla memoria dei consumatori, e può quindi creare notizia e interesse per i mercati e i media.
La dimensione "industriale" di alcune aziende leader e la prospettiva manageriale verso cui evolve la gestione vitivinicola non devono farci dimenticare che il vino è un prodotto agricolo e, in tal senso, i suoi legami con il territorio e il sistema paese sono ancora più ampi, rispetto ad altre produzioni.
Un ampio spettro di vincoli e opportunità sono collegati alla normativa, alle politiche governative, ai mercati finanziari, all'evoluzione del contesto sociale.
2. La distribuzione e la ristorazione nel vino non sono semplici "terminali" di vendita, ma partner o avversari.
Anche nel vino, la distribuzione è innovativa e più sensibile alla concorrenza e ai cambiamenti, perché vive sul mercato.
Non solo la grande distribuzione, ma anche i canali specializzati richiedono marketing sul prodotto, servizi di logistica e co-marketing per la comunicazione nel punto vendita.
Diversamente da altri prodotti, nel vino la lunghezza della filiera attribuisce un ruolo importante ai grossisti, che in questi anni si sono evoluti e spesso specializzati sul servizio al dettaglio (offrendo ampi assortimenti e consulenza alla vendita) o sul servizio ai produttori minori (sostegno nel lancio di nuovi prodotti e nuove marche).
Il processo d'acquisto del vino, inoltre, resta sostanzialmente push (ossia spinto dalla distribuzione).
Gli operatori commerciali svolgono, quindi, un ruolo centrale nella sensibilizzazione e nell'educazione dei consumatori.
Nel complesso si aprono ampi spazi di collaborazione tra produttori e distributori, in particolare sugli assortimenti e sulla comunicazione nei punti vendita.
Le carte vini, l'organizzazione degli scaffali, l'esposizione dei materiali di comunicazione nei punti vendita saranno pertanto alcuni degli impegni importanti nell'agenda del responsabile del marketing aziendale.
3. Emblematica è la competizione sui segmenti intermedi, in cui è necessario incrementare il valore offerto e ridimensionare i prezzi, ma nessuna strategia di marketing può attualmente prescindere da un attento controllo dei costi di gestione e da un periodico processo di budgeting, che consenta di recuperare efficienza, dimensionare e selezionare gli investimenti, valutarne i ritorni in prospettiva economica.
Se si è conclusa l'epoca delle "vacche grasse", non bisogna necessariamente ridimensionarsi, ma certamente monitorare la struttura dei costi della filiera per recuperare efficienza e creare condizioni competitive di reciproco vantaggio con i consumatori.
4. L'ultimo spunto, non certo per importanza, è opportuno dedicarlo alla "esperienzialità" che la scelta e la degustazione del vino è in grado di trasmettere ai consumatori.
Molte imprese nei mercati di consumo (moda, igiene personale, cosmesi, alimentare, …) stanno effettuando investimenti significativi per creare esperienza di consumo nell'acquirente, che nel vino è invece implicito nella degustazione e già evidente nelle percezioni e nelle abitudini dei consumatori.
Anche la creazione di valore "esperienziale" necessita dello sviluppo di strategie di partnership con la distribuzione, in quanto proprio i luoghi d'acquisto e di consumo "fuori casa" rappresentano l'ambiente ideale per vivere il valore dell'esperienza.
Il vantaggio della "esperienzialità implicita" nel vino può però perdere il suo appeal, se le aziende non lo svilupperanno per renderlo sempre nuovo, originale, distintivo della marca, unico, memorabile.
All'interno di questo processo, quale sarà il ruolo giocato dalla marca?
Creare valore per il cliente nel tempo richiede di creare una strategia di valore della marca.
Ma qual è la marca del vino? Territorio, vitigno, nome del produttore, nome del vino, "made in"? Il nome della marca del vino è una questione ancora assai confusa nella mente dei consumatori, ma anche di molti produttori e distributori.
Il nome su cui investire nel mercato è propedeutico, però, a qualsiasi azione di marketing.
Andrea Rea è professore di marketing all'Università La Sapienza di Roma e responsabile dell'Osservatorio marketing del vino della SDA Bocconi di Milano.