I CRIMINI DI GUERRA:
TUTTI COLPEVOLI. NESSUN COLPEVOLE?

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L’articolo 3 della nostra Costituzione afferma che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. E allora fino a che punto vale la distinzione tra codice militare e codice ordinario per i reati comuni, giudicati dal giudice ordinario? E quali reati debbono cadere sotto il codice militare?

Sergio Dini

Quali le limitazioni possibili? La domanda che il Procuratore militare di Padova, dott. Sergio Dini, reduce alla sua Cesena, “la mia città”, al Rotary Club presieduto dall’avv. Sanzio Gentili, nella riunione all’Hotel Casali del 12 Gennaio 2007, colpisce nell’intimo la coscienza civile di tutti per un problema di estrema attualità: ci possono essere, e perché mai, colpi di spugna alle efferatezze e alle crudeltà compiute con il pretesto delle vicende belliche?
Il Dott. Dini ha lasciato il Liceo Monti nell’80, si è laureato nell’85 a Bologna con lode, ha superato brillantemente l’ammissione alla Magistratura Militare, è Procuratore a Padova e Presidente dell’Associazione nazionale Magistrati Militari. Ha una serie di pubblicazioni giuridiche sul diritto bellico, ed è citato anche da Bruno Vespa in “Vincitori e Vinti” in occasione dei silenzi sulle “foibe”.
Crimini di guerra ce ne sono stati in un passato lontano e più recente, da molte parti e per motivi più o meno confessabili, non solo di lotta per il potere, ma di interessi personali. Ricorrente è l’uccisione a freddo di prigionieri, con maltrattamenti e torture. Se ne sono macchiati tutti gli eserciti. Un prigioniero non può essere ucciso. Né può mancare un regolare processo per eventuali colpevoli.
Il dott. Dini si chiede anche se possa avere senso, dopo 60 anni dall’ultima guerra, riesumare crimini che si ritiene caduti in prescrizione. La sua tesi è che non ci possono essere prescrizioni per questi crimini e che saldi principi debbono essere continuamente riaffermati, riportati alla memoria. Né ci si può nascondere dietro l’alibi di ordini superiori cui obbedire.
Le domande si sono susseguite. Non è prevista la pena di morte per la disubbidienza a un ordine di fucilazione per rappresaglia. Il crimine di guerra è la violazione delle regole di condotta bellica, quando si scatenano violenze non giustificate. Si fa osservare che nell’immediatezza degli eventi non si potevano affrontare certi argomenti. Ragioni politiche impedivano di portare a termine i processi in Germania o in Jugoslavia, e ancora peggio affrontare i vincitori. Nel caso recente di Guantanamo non ci sono dubbi sulle violazioni del diritto internazionale per prigionieri di guerra. Si nota che c’è un ulteriore imbarbarimento della guerra. Il nemico ora è visto come un criminale.
Ci sono ancora stragi di cui non si può parlare. Viene ricordata quella della Rocca di Cesena della notte dell’8-9 maggio ‘45 con 17 prigionieri fascisti trucidati con un colpo di mano nella notte. Il discorso scivola sulle amnistie che furono concesse per i reati di guerra, ma fino al 31 luglio ‘45, non oltre.
Da un punto di vista costituzionale nessuna amnistia è possibile su crimini efferati e anche processi storici come quelli di Norimberga e di Tokio rivelano l’unilateralità dei vincitori nell’impostazione giuridica che tradisce il concetto di giustizia. Il discorso del dott. Sergio Dini è a 360 gradi, per tutti, come dovrebbe essere per ogni aula di giustizia, in ogni occasione.


    Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro


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