GLI UOMINI IN BLU
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Venerdì, 16 settembre il prof. Franco Di Natale, docente alla Sorbona, ha affrontato, invitato dal presidente Fabrizio Rasi, un tema molto complesso: Una pinacoteca chiamata Algeria: l'arte rupestre. Gli uomini in Blù.
Il professore vive a Faenza e si professa ex allievo di Sartre.
Lo si evidenzia quando, a conclusione della presentazione di due suoi filmati, uno sulle iscrizioni rupestri preistoriche disseminate nel deserto del Sahara, tra l'Algeria e la Libia, e l'altro sulla vita dei Tuareg, definisce il deserto con una poesia essenziale, in analogia con l'umanità dell'uomo: "Un nulla pieno di tutto".
Ci sarebbe molto da discutere sul gioco infinito dei campi di possibilità della sabbia del deserto.
Il mare di sabbia riduce al minimo ciò che serve per vivere, ma apre a viaggi sconfinati, dentro e fuori i noi.
I fieri Tuareg vi si sono creati un mondo autonomo che hanno scolpito nella roccia per dieci mila anni ancora prima dell'uso della scrittura, lasciandovi le tracce di un mondo perduto.
Le loro iscrizioni sono scene di caccia e di guerra, immagini magiche, come invocazioni per fermare, controllare, dominare il mondo caotico della vita, quando ancora la sabbia non aveva desertificato le terre verdi popolate da animali, prima ancora dell'uso dei cammelli per le rotte carovaniere.
Queste iscrizioni rupestri, incise sulla roccia, sono la storia dei periodi di un popolo che ha visto avanzare il deserto e vi ha lasciato a ricordo gli "dèi di pietra", per diecimila anni la storia di cambiamenti climatici radicali, tuttora oggetto di studio.
Le incisioni ci fanno rivivere i tempi delle origini, del "giardino perduto" di cui narrava già Erodoto nel V secolo avanti Cristo.
I Tuareg, così chiamati dagli arabi "uomini senza Dio", perché non si sono voluti integrare alla religione coranica, oppure da "targa", irrigazione, giardino. Imohag, invece essi vogliono proclamarsi, "uomini liberi".
Sono organizzati in clan (kel) con una discendenza matrilineare, tipica del matriarcato.
Designato alla successione è il figlio primogenito della sorella maggiore del sovrano, l'Aminokal.
La scrittura è privilegio delle donne.
Ha sole consonanti e le parole si possono scrivere in tutti i sensi, orizzontali e verticali, in ogni direzione.
Gli uomini, "secondi" alle loro donne, portano un velo di stoffa blu, l'indaco che colora lo sguardo.
Nelle incisioni sono narrate le piste lungo il deserto, in successione il mondo degli elefanti, del cavallo e poi del dromedario, le oasi come punti di incontro di una geometria di un sistema di interscambio tra il sale delle miniere di salgemma, prezioso come l'oro, la carovana transahariana del sale delle carovane dei mille cammelli, che scambiavano con altri beni.
Il progresso delle comunicazioni e delle nuove vie commerciali li ha condannati all'emarginazione e ora vivono isolati e come sopravissuti di un mondo perduto.
Il loro tè nel deserto è di tre tazze: "La prima è amara come la vita. La seconda dolce come l'amore. La terza soave come la morte". E' la loro filosofia di vita.
Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro
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