MAZZINI SENZA RETORICA
Precedente
Nella riunione del Rotary Club di Cesena del 9 settembre all'Hotel Casali il prof. Roberto Balzani, docente di ruolo di storia contemporanea nell'Università di Bologna, ha illustrato per il bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini lo stato del dibattito storico sul concetto di democrazia nazionale che è stato falsato finora per molti motivi politici più o meno contingenti.
Il prof. Balzani era già stato nel Club per la discussione sull'autonomia della Romagna.
Bene ha fatto il Presidente dott. Fabrizio Rasi a precisare che il vero termine della questione culturale posta fu la demarcazione tra una Romagna mitica e quella reale.
Ha aggiunto che del prof. Balzani è cugino, entrambi nati a Forlì nella casa che fu di Pietro Maroncelli, il martire dello Spielberg.
Roberto Balzani è salito in cattedra molto giovane, ora ha 44 anni e nella serata per l'occasione ha celebrato con il Club il sedicesimo anniversario delle nozze con la signora presente all'incontro.
Chi ha seguito il dibattito internazionale provocato dal prof. Salvo Mastellone, il primo che ha riesumato gli scritti mazziniani in lingua inglese, non solo nei libri, ma nei giornali a grande tiratura, sa bene che si è aperta una discussione sui limiti in cui la nostra storiografia ha presentato il pensiero e l'azione dell'apostolo dell'unità nazionale e delle premesse repubblicane da cui sorgevano.
Tutto vero, anche per la nostra storiografia repubblicana, ma perché si sono ignorati gli scritti più avanzati in cui dal 1846 prevedeva che il comunismo sarebbe sfociato nella dittatura più ferrea, quella dei funzionari di partito, ancora prima del Manifesto di Marx, e perché non si è tenuto conto della definizione di democrazia da lui data ed accolta nel dibattito anglosassone come "progresso di tutti attraverso tutti", la definizione più avanzata ?
Questo problema di fondo oggi nella crisi storica dei socialismi si ripropone come centrale nell'analisi dei problemi europei e americani sulle basi di una vera democrazia.
Il Prof. Balzani procede nella sua lettura storica a centri concentrici eliminando le mezze verità su Mazzini, senza schiacciarlo come è stato fatto tra socialismo e liberalismo, ma rivendicandone la sua originalità politica.
La sua proposta di democrazia è rivoluzionaria per il suo tempo e per il nostro.
Per questa ragione si può parlare di un Mazzini "inattuale", incompreso, ancora da attuare.
E' il primo che usa il termine dictatorship, dittatura, nella storia del pensiero mondiale per la denuncia della deriva fatale del comunismo.
Voleva nella Giovine Italia, organizzazione alla luce del sole, non nella segretezza delle cospirazioni carbonare di ispirazione massonica, associare i giovani con meno di 40 anni perché erano i soli a poter capire il nuovo mondo che si era aperto con la rivoluzione francese.
I più vecchi erano legati alle concezioni più obsolete.
E' anche chiaro che il verbo democratico repubblicano poteva essere accolto solo tra gli esiliati fuori d'Italia.
Il suo sogno era l'unione dell'umanità, tema fondato su basi religiose, ma per raggiungerlo bisognava superare gli steccati non solo delle nazioni, ma anche delle religioni, se si presentavano come realtà chiuse alla comprensione dell'umanità che è in ciascuno di noi: Dio è l'aspirazione morale più profonda di ognuno all'unione tra fratelli.
Le chiese non possono essere poteri temporali.
I paletti Mazzini li mette a sinistra e a destra, con il comunismo prima del Manifesto di Marx e con il nazionalismo, prima che si scatenino le guerre egoistiche che porteranno allo sfacelo dell'Europa.
La nazione è uno strumento per unire gli uomini non per dividere.
La democrazia non può essere un fatto interno a un paese se non è anche esistente come realtà nei rapporti tra le nazioni.
Il dibattito su questi temi è stato molto impegnato e serio e merita ulteriori incontri.
Il terrorismo indiscriminato attuale disintegra ogni forma di umanità.
La democrazia sociale esige una presa di coscienza delle proprie responsabilità individuali.
Il prof. Balzani è socio del Rotary Club di Forlì e quindi conosce quali sono le radici morali di incontri che si fondano su rapporti internazionali di amicizia e quanto sia stato difficile, sia pure per una élite di professionisti che ha celebrato il centenario di un sodalizio che ha superato due guerre mondiali, giungere a proposte di comprensione internazionale agli attuali livelli di globalizzazione.
Paul Harris si era nutrito dei presupposti della cultura democratica di un Emerson e di un Whitman, ma anche dello scozzese irredentista Robert Burns che predicava la brotherhood umana, la fratellanza umana, che nel Rotary diventa friendship, amicizia, come premessa di ogni servizio umanitario.
Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro
Precedente